Conservazione a norma corrispettivi elettronici

Conservazione a norma corrispettivi elettronici

Sull’imminente introduzione a partire dal 1° luglio 2019 dell’obbligo di invio dei dati dei corrispettivi telematici, un dibattito che occorre necessariamente alimentare è quello legato all’obbligatorietà o meno della loro conservazione a norma.

Di seguito, proviamo a fornire una possibile interpretazione.

– di Francesco Foglio | 07 giugno 2018

Natura del corrispettivo

Partiamo dalla definizione di “corrispettivo”. Fiscalmente e contabilmente il “corrispettivo” indica il ricavo “conseguito dai commercianti al minuto e da attività assimilate, per i quali non sussiste l’obbligo di emissione di fattura a meno che non venga espressamente richiesta dal cliente al momento dell’effettuazione dell’operazione” (vedi articolo 22 d.P.R. n. 633/72).

Il “corrispettivo”, dunque, non è un documento ma, semmai, un “elemento contabile di misura di una grandezza finanziaria”. In quanto tale, però, necessita di essere documentato. La funzione di documentazione del momento contabile è per l’appunto “certificata”, per imposizione normativa, dalla produzione di un documento: lo scontrino fiscale (vedi articolo 1 d.P.R. n. 696/1996), la ricevuta fiscale o la fattura (elettronica). L’attività di certificazione si rende necessaria ai fini degli adempimenti fiscalmente previsti oltre che per le attività di monitoraggio e controllo delle competenti Autorità fiscali.

Ciò premesso, senza scendere ulteriormente nel dettaglio della normativa fiscale, proviamo a calare il concetto di certificazione – documentale – del “corrispettivo”, nell’àlveo dell’attuale normativa.

Il D.L. n. 119/2018 ha stabilito che a partire dal 1° luglio 2019 è fatto obbligo, per determinate categorie di contribuenti, di “inviare telematicamente i dati dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate”. La proposizione ancorché mal formulata – ciò che viene inviato è il documento che certifica l’esistenza di un “corrispettivo” e non il “corrispettivo” in quanto tale – probabilmente riprende ciò che linguisticamente, nel gergo comune, si è da sempre inteso essere il “corrispettivo”: un documento fisico tangibile generato a giustificativo di un’operazione contabile.

Memorizzazione e conservazione

Fin dall’emanazione del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 127 in tema di “Trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici”, emanato in attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 9, comma 1, lettere d) e g) della legge 11 marzo 2014, n. 23, ss.mm.ii., il Legislatore ha inteso riferirsi al concetto di “memorizzazione” elettronica dei dati dei corrispettivi, piuttosto che a quello di conservazione a norma.

Dal punto di vista meramente normativo, il concetto di “memorizzazione” ha origine nell’abrogata Deliberazione Cnipa n. 11/2004 che lo definiva come “processo di trasposizione su un qualsiasi idoneo supporto, attraverso un processo di elaborazione, di documenti analogici o informatici, anche sottoscritti ai sensi dell’art. 10, commi 2 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, così come modificato dall’art. 6 del decreto legislativo 23 gennaio 2002, n. 10” laddove, invece, il termine di “conservazione” (sostitutiva) si riferiva al “processo effettuato con le modalità di cui agli articoli 3 e 4 della presente deliberazione”.

Se nel CAD il concetto di “memorizzazione” è andato perduto, è nelle regole tecniche sui sistemi di conservazione (DPCM 3 dicembre 2013) e sulla formazione del documento informatico (DPCM 13 novembre 2014) che lo troviamo ancora applicato, per altro, in ambiti differenti.

Se nelle prime è utilizzato in riferimento al supporto o a un componente del più ampio sistema di conservazione, nelle seconde è utilizzato quale operazione che, realizzata all’interno di un sistema di gestione informatica, è idonea a garantire le caratteristiche di immodificabilità e di integrità del documento formatosi secondo determinate caratteristiche.

Risulta quindi evidente come la “memorizzazione” non sia sinonimo o equivalente di “conservazione”, poiché quest’ultima non rappresenta solamente uno o più momenti di natura squisitamente tecnica o computazionale legati all’utilizzo del concetto di memoria informatica, ma si riferisce alla più ampia impalcatura tecnica e giuridica di processo disciplinata e regolamentata in modo puntuale dalla normativa italiana ed europea.

La formazione del corrispettivo informatico

Se possiamo considerare il “corrispettivo” o meglio, la sua rappresentazione documentale in metalinguaggio XML, quale documento informatico a tutti gli effetti, dobbiamo necessariamente chiederci – soprattutto per comprendere se sia necessario o meno conservarlo all’interno di un processo normato – attraverso quale modalità si forma.

Secondo quanto previsto dall’articolo 3 del DPCM 13 novembre 2014, il documento informatico può essere formato mediante una delle seguenti quattro modalità: redazione, acquisizione, registrazione informatica di informazioni o dati e generazione o raggruppamento di un insieme di dati o registrazioni.

Nel caso specifico del “corrispettivo” telematico, crediamo si possa affermare che questo sia formato mediante redazione tramite l’utilizzo di appositi strumenti software (articolo 3, comma 1 lett. a) delle suddette regole tecniche)[1].

Le “Specifiche tecniche per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri di cui all’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127”, infatti, definiscono il c.d. modulo fiscale, di cui ciascun Registratore Telematico deve essere dotato, quale “componente hardware e software che gestisce la parte fiscale del Registratore Telematico […] in grado di produrre un file a cui è apposto un sigillo elettronico avanzato secondo le disposizioni del Regolamento UE n. 910/2014, che ne garantisce l’origine e l’integrità”.

Pertanto, il Registratore Telematico quale “dispositivo dotato di modulo fiscale e capacità di trasmissione telematica, corredato di identificativo fiscale univoco ed in grado di leggere, memorizzare e trasmettere i dati a valenza fiscale” rappresenta lo strumento tecnologico deputato alla memorizzazione elettronica e alla trasmissione telematica cui fa riferimento il comma 3 dell’articolo 2 D.Lgs. n. 127/2015 e come tale idoneo a garantire l’inalterabilità e la sicurezza dei dati.

Per quanto sia affermato che il Registratore Telematico è lo strumento di formazione del documento informatico “corrispettivo” idoneo a memorizzare “in memorie permanenti e inalterabili, elaborare, sigillare elettronicamente e trasmettere telematicamente i dati fiscali introdotti attraverso dispositivi di input” (vedi Provvedimento AdE 28 ottobre 2016), occorre poter stabile – con discreta certezza – se questa sia previsione sufficiente a soddisfare i requisiti di cui agli articoli 43 e 44 del CAD, dell’articolo 3, comma 4 del richiamato DPCM 13 novembre 2014 oltre che dell’articolo 3 del DM 17 giugno 2014.

Conservazione sì conservazione no

Sopra abbiamo definito il “corrispettivo” come documento informatico a rilevanza fiscale munito di sigillo elettronico avanzato. Abbiamo inoltre definito che il Registratore Telematico, strumento tecnologico deputato alla produzione, alla memorizzazione elettronica e alla trasmissione telematica del “corrispettivo”, garantisce inalterabilità e sicurezza del dato “corrispettivo”.

Ciò detto occorre fare alcune considerazioni per comprendere in che modo la natura dello strumento Registratore Telematico e del suo prodotto “corrispettivo”, come sopra delineato, si sposi con le previsioni in tema di conservazione a norma attualmente vigenti.

Con riferimento alla natura del “corrispettivo” quale documento formato (recte prodotto) tramite l’utilizzo di appositi strumenti software, l’articolo 3, comma 4 del DPCM 13 novembre 2014 dispone che “le caratteristiche di immodificabilità e di integrità sono determinate da una o più delle seguenti operazioni: a) la sottoscrizione con firma digitale ovvero con firma elettronica qualificata; b) l’apposizione di una validazione temporale; c) il trasferimento a soggetti terzi con posta elettronica certificata con ricevuta completa; d) la memorizzazione su sistemi di gestione documentale che adottino idonee politiche di sicurezza; e) il versamento ad un sistema di conservazione”.

L’articolo 3 del DM 17 giugno 2014, poi, prevede che ai fini della loro rilevanza fiscale i documenti informatici debbano essere conservati in modo tale che: “a) siano rispettate le norme del codice civile, le disposizioni del codice dell’amministrazione digitale e delle relative regole tecniche e le altre norme tributarie riguardanti la corretta tenuta della contabilità; b) siano consentite le funzioni di ricerca e di estrazione delle informazioni dagli archivi informatici in relazione almeno al cognome, al nome, alla denominazione, al codice fiscale, alla partita IVA, alla data o associazioni logiche di questi ultimi, laddove tali informazioni siano obbligatoriamente previste […]”.

A quest’ultimo articolo sono collegate le previsioni di cui all’articolo 43 del CAD per cui “gli obblighi di conservazione e di esibizione di documenti si intendono soddisfatti a tutti gli effetti di legge a mezzo di documenti informatici, se le relative procedure sono effettuate in modo tale da garantire la conformità ai documenti originali e sono conformi alle Linee guida”, oltre all’articolo 44 per cui “il sistema di conservazione dei documenti informatici assicura, per quanto in esso conservato, caratteristiche di autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità, reperibilità, secondo le modalità indicate nelle Linee guida”.

Anche se l’elenco non rispetta l’ordine gerarchico delle fonti, i principali elementi che ci consentono di costruire in modo logico una proposizione che possa dirci con discreta certezza quale linea possa prevalere, ci sono tutti.

Pertanto, se resta vero che:

. il “corrispettivo” è un documento informatico la cui formazione richiede, affinché ne siano determinate le caratteristiche di integrità e autenticità, che sia almeno versato in un sistema di conservazione. Non sembra infatti potersi affermare che il Registratore Telematico sia assimilabile a un sistema di gestione documentale né, tanto meno, che l’apposizione del sigillo elettronico avanzato sia sostitutivo della sottoscrizione con firma digitale o con firma elettronica qualificata (articolo 3, comma 4 del DPCM 13 novembre 2014);

. il “corrispettivo” è un documento informatico che, per via della sua rilevanza tributaria, deve essere conservato a norma in modo che “siano consentite le funzioni di ricerca e di estrazione delle informazioni dagli archivi informatici in relazione almeno al cognome, al nome, alla denominazione, al codice fiscale, alla partita IVA, alla data o associazioni logiche di questi ultimi, laddove tali informazioni siano obbligatoriamente previste” (articolo 3 del DM 17 giugno 2014);

. il sistema di conservazione a norma, cui deve essere sottoposto il documento informatico a rilevanza fiscale “corrispettivo”, debba porre in essere procedure tali da garantire la conformità ai documenti originali e in conformità alle Linee guida AgID assicurando, inoltre, per quanto in esso conservato, caratteristiche di autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità, reperibilità, secondo le modalità indicate nelle Linee guida AgID (articoli 43 e 44 CAD),

allora,

l’attività di mera “memorizzazione” del documento “corrispettivo” non può considerarsi di per sé sufficiente a rispondere alle molteplici esigenze di compliance previste dall’attuale normativa; sia in termini di processo applicato alla sua generazione sia al mantenimento nel lungo periodo delle caratteristiche di autenticità, leggibilità e reperibilità del documento. Ancor meno, per altro, pare sia possibile sostenere in termini di Funzioni e Ruoli specifici normati per il solo processo di conservazione e deputati al presidio delle attività di supervisione, monitoraggio e gestione dei flussi documentali e degli archivi di conservazione

[1] Escluderei che il “corrispettivo” possa ritenersi formato per acquisizione telematica (articolo 3, comma 1 lett. b) DPCM 13 novembre 2014), rappresentando questa la modalità di colloquio realizzata dal Registratore Telematico con l’Agenzia delle Entrate.

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